giovedì 2 maggio 2024

Tavernanova: musica, tradizione, dialetto (1994-2012) - special post by Giudas (part I)


BREVE PREMESSA by GEORGE
Periodicamente l'amico e collaboratore Giudas ci propone delle vere e proprie delizie, frutto di lunghi lavori di ricerca, interviste incluse. Grazie Giudas per questi preziosi contributi. Questa volta i protagonisti sono i musicisti di un gruppo di world music (mi permetto di collocarlo in questa categoria), i Tavernanova, autori (al momento) di tre album pubblicati in un arco temporale che va dal 1994 al 2012. Il post sarà suddiviso in due parti: la prima con i primi due album del 1994 e 1996, la seconda con l'ultimi CD del 2012. Le immagini qui presenti le ho tratte dalla pagina Fb del gruppo. E ora la parola passa a Giudas.

BIOGRAFIA E RECENSIONI by Giudas
Questo gruppo non è affatto sconosciuto ed infatti vi sono un sacco di notizie in rete – ma come è mia abitudine lascio a chi fosse interessato il gusto dell’approfondimento, riservandomi il privilegio di contattare alla fonte i protagonisti per cavare da loro tutte le informazioni possibili. Ma vediamo come ci arrivo. Nei primi anni duemila giunge nella mia scuola un tizio di Corato – 30 km dalla mia città -  insegnante di inglese, col quale inizio ad avere i primi scambi di vedute – scopro che è anche un chitarrista e che ha un gruppo musicale con cui suona. E fanno musica interessante. Lui era, ed è, Aldo De Palma, il chitarrista storico dei TAVERNANOVA, gruppo di cui non avevo all’epoca alcuna cognizione. Mi fa dono dei due CD sino ad allora prodotti dal gruppo (“Tavernanova” e “Matengue”) - ringrazio e la cosa finisce lì – l’anno dopo si trasferisce ad altra sede – all’epoca non conoscevo la Stratosfera e così ciao ciao ..


Un paio di anni fa mi ritornano sotto gli occhi i due CD (ennesima sistemazione dello studio – ogni tanto affiora qualcosa …) – ma adesso esiste la Stratosfera ed il prodotto è molto interessante. Quindi ricontatto Aldo De Palma e gli spiego brevemente cosa mi serve per fare un buon post – lo trovo addirittura entusiasta – Corato dista pochi chilometri dalla mia città -  e quindi … si parte ! Anche Aldo De Palma è sfuggente come tutti gli artisti di mia conoscenza – ogni volta che fisso un appuntamento c’è qualcosa che non va e si rinvia – ci metto due anni ma finalmente a gennaio di questo anno ci ritroviamo a parlare, dopo un bel po’ di tempo. 


I TAVERNANOVA, si costituiscono negli anni 90. Il nome deriva da una contrada in agro di Corato –scopro che è anche il nome di una frazione del Comune di Casalnuovo di Napoli (che comunque nulla ha a che vedere con loro). Ad oggi hanno realizzato tre album (un quarto lo stanno facendo in questi mesi) prendendosi tutto il tempo necessario e senza alcuna fretta. Il loro segreto è che fanno musica veramente per puro piacere, avendo ciascuno di loro un lavoro che si tengono stretto, e quindi non sono oberati da tour, promozioni, ansia da pubblico, eccetera. La prima formazione è la seguente (in parentesi il lavoro che di fatto svolgono quando non fanno i Tavernanova):

Luigi DI ZANNI – voce (ragioniere in pensione)
Francesco QUATELA – voce (docente di Italiano)
Rosita RANALDO – voce (farmacista, residente a Roma)
Rino MAZZILLI – pianoforte (avvocato)
Aldo DE PALMA – chitarra classica (docente di inglese al liceo)
Pierluigi BALDUCCI – basso elettrico (insegnante di basso al Conservatorio)
Mario ARBORE – batteria (imprenditore)
Cesare PASTANELLA – percussioni (percussionista professionista)


Solo Balducci e Pastanella fanno musica per professione. Pastanella ha spesso e volentieri lavorato con gente del calibro di Toquinho, Antonella Ruggero, Roberto Ottaviano. Gli altri provengono dal mondo classico (De Palma) o jazzistico (Mazzilli) ed è proprio la mescolanza di questi due sistemi, spesso agli antipodi, che determina la cifra della loro particolare musica. All’epoca era un gruppo di venti-venticinquenni appassionati di musica; solo Di Zanni superava la quarantina riservandosi la funzione di “saggio” del gruppo". La passione comune converge quindi verso la musica etnica, con uno sguardo alle tradizioni del passato, ma mantenendo la barra dritta sul moderno – dobbiamo riconoscere che gente come la Nuova Compagnia di Canto Popolare, il Canzoniere del Lazio, Antonio Infantino e i Musicanova di Eugenio Bennato hanno decisamente spianato la strada a tutti gli altri e fornito nuovi obiettivi musicali per tanta gente. I TAVERNANOVA si inseriscono in questo solco e iniziano ad essere riconosciuti come appartenenti ai maestri del genere. 


A dirla tutta chiedo ad Aldo De Palma il motivo di questa scelta. Mi risponde candidamente che il cantante che avevano all’epoca, pur decisamente in gamba, non aveva il canto in italiano nelle sue corde, avendo molta più familiarità col dialetto, visto anche il possesso di una pesante inflessione, e quindi ci si è spostati in questa direzione. Mi ricordo che sono scoppiato a ridere: mai avrei immaginato una spiegazione simile… Eppure la cosa funziona e funziona molto bene. Si giunge così alla realizzazione del primo album nel 1994.

Tavernanova - Tavernanova (1994)


TRACKLIST:

01. Cuevas - 1:35
02. Toria Patoria - 3:26 
93. La pettinatrice - 4:24 
04. Filastrocca - 6:38 
05. Proverbi - 4:15 
06. Fuscia Demonia - 7:07 
07. Matalena - 4:12 
08. Ciaula d’Ore - 3:44 
09. Mallett’ America - 5:37 
10. Mitte u Agghie - 4:00 
11. U Guvern - 3:17 
12. Ninna Vola - 3:55 
13. Peppì Peppì - 6:08 
14. Titt Titt - 0:32 


FORMAZIONE:

Luigi Di Zanni - voce
Francesco Quatela - voce
Rosita Ranaldo - voce
Rino Mazzilli - piano, tastiere
Aldo Di Palma - chitarra classica
Pierluigi Balducci - basso
Mario Arbore - batteria
Cesare Pastanella - percussioni


L’ispirazione del primo lavoro proviene da un libro di Cataldo Bucci, scrittore coratino che aveva pubblicato proverbi e filastrocche locali, in vernacolo, di autori anonimi. E’ bastato saccheggiare quelle più belle per realizzare l’album (solo il primo brano è interamente strumentale) – la musica è venuta fuori spontaneamente. Si può quindi dire che i testi di questo album sono di fatto anonimi, seppure per il tramite di Bucci. I brani e gli arrangiamenti sono accreditati all’intero gruppo, senza distinzioni particolari. Va anche detto che se i gruppi etnici campani e salentini, forse un po’ più conosciuti, virano ovviamente su tarantelle e musiche molto briose, qui si pone lo sguardo sulla Puglia Murgiana che offre spunti molto diversi ed a volte i brani non scorrono proprio lisci – insomma occorre applicarsi nel loro ascolto. I testi sono riportati nel libretto del CD, ma purtroppo mancano le traduzioni in italiano. Pertanto ho preferito comunque fornirvi una traduzione di massima (a distanze superiori ai 50 km da Corato ho forti dubbi che gli utenti della Stratosfera possano apprezzare i dettagli linguistici …). E per la verità persino io ho trovato tante parole e locuzioni a me sconosciute (eppure sono appena 30 km di distanza). Sono passato in modalità “Google Traduttore” e ho passato al setaccio linguistico ogni singolo brano. Ed è stato un bene perché in questo modo persino io ho potuto apprezzare i contenuti dei singoli brani. Un esempio per tutti: il brano “U Guvern” (Il governo) è permeato da una rara ironia dissacrante, e ricorda tanto lo schema della Fiera dell’Est di Branduardi. Con la differenza che questa filastrocca è di due secoli orsono…


Consiglio di andarveli a leggere – ne trarrete sicuramente un arricchimento culturale gratificante, da quelle più drammatiche a quelle decisamente più birichine con parecchi doppi sensi. Devo però per questo ringraziare Natalino Cantatore, mio collega di scuola, che si è improvvisamente trovato privato dei suoi panni di docente di matematica e fisica per vestire quelli di traduttore – lui che proviene direttamente da quell’area – un paio di volte l’ho quasi coartato per terminare in tempo utile le traduzioni. Eppure anche lui (non propriamente coratino) ha trovato diverse difficoltà, che sono riuscito a superare quando a un certo punto mi sono ricordato che il marito di mia sorella, Rocco, è di origine coratina … e tutti i tasselli sono andati al loro posto !! (NDR - i file con le traduzioni sono raccolti in una cartella con link dedicato che troverete al fondo di questo post). 
Il CD è quasi autoprodotto ma desta i primi interessi, Di loro si “accorge” Paolo Dossena, non certo l’ultimo arrivato visto che, tanto per dire, è uno degli autori di “Pazza Idea” cantata da Patty Pravo e di un mare di altri successi musicali. Dossena inizia a produrli e a promuoverli. Vengono così i vari tour che li fanno conoscere ed apprezzare sul territorio nazionale. Il tutto, lo ricordo, senza particolare fretta e nel rispetto del lavoro che ognuno svolge in proprio. 


Si arriva al 1996 e, con la realizzazione di “Matengue”, il gruppo viene finalmente notato e proiettato alla ribalta nazionale ed internazionale. Alcuni brani iniziano ad entrare in raccolte nazionali di vario tipo fra le quali si evidenzia quella della rivista "Il Manifesto", “Canti Sudati”, in cui spicca un loro pezzo. Iniziano a fioccare i premi ed i riconoscimenti più vari: un loro brano viene scelto come tema conduttore di un film francese. Radio Deejaj, MTV, e il quotidiano La Repubblica iniziano di fatto a promuoverli. 

Tavernanova - Matengue (1996)


TRACKLIST:

91, Fiure de Pagghjie (fiore di paglia) - 3:28
02. Traine (carretto) - 5:09
03. Ghiacce e Carvune (ghiaccio e carbone) - 2:53
04. Ngè Ngè - 3:44
05. Ninnella - 4:46
06. Matengue - 4:33
07. Ghiomere - 4:51
08 Vene Carnevale - 3:44
09. Ninna Nanna - 3:01
10. Sciette e Bum! - 4:11
11. Forco - 5:49


FORMAZIONE:

Luigi Di Zanni - voce
Rosita Ranaldo - voce
Rino Mazzilli - fisarmonica, tastiere e programmazione
Aldo De Palma - chitarra
Pierluigi Balducci - basso
Cesare Pastanella - batteria, darbouka, congas, djembe, percussioni



I testi, questa volta originali, sono di Quatela e le musiche di Mazzilli e De Palma. In questo album, finalmente , sono stampate anche le traduzioni in italiano (riportate qui sotto). Chiedo a De Palma se qualche brano ha un qualche significato particolare. Mi dice che “Sciette e bum” si rifà ad una vecchia filastrocca (ecco il punto di unione col primo lavoro). Ma la sorpresa viene quando mi parla di “Ghiacce e carvune” (ghiaccio e carbone) che si rifà a vecchie storie familiari di nonni e bisnonni delle famiglie degli autori, gente tra i tanti emigranti in America di inizio ‘900 che erano infatti spesso addetti al taglio del ghiaccio e del carbone. Giuro che non sapevo che moltissimi emigrati svolgessero questa mansione – il ghiaccio per esempio veniva usato all’epoca per i sistemi di condizionamento dei primi grattacieli. E adesso venitemi a dire che non è vero che la musica veicoli cultura … !





 A questo punto vi è una lunga pausa sino al 2012 e ce la prendiamo anche noi, sospendendo il post con questi primi due album. Nella seconda parte vedremo il loro terzo CD, “il sorpasso”, con la svolta in italiano e il cambio di cantante, Se il gruppo mi autorizzerà, in un post successivo vedremo anche il lavoro che stanno finendo di registrare in questi primi mesi del 2024. 
NOTA A MARGINE – sino ad ora ho scavato solo tra gli artisti di Barletta (la mia città), Trani e Bisceglie. Con i Tavernanova inauguriamo, dal punto di vista musicale, una nuova “piazza di spaccio”, Corato, cittadina di 50mila abitanti ma che promette di essere musicalmente frizzantina. De Palma, il chitarrista, mi ha fornito una serie di contatti: spero che diano frutti. Vedremo.
Da parte mia, come sempre, il solito abbraccio musicale.
Vostro Giudas


LINK Tavernanova (1994)
LINK con traduzione testi 
LINK Matengue (1996)

Post by George - Music & Words by Giudas

martedì 30 aprile 2024

Louiselle (1946-2024 RIP) - Ispirazioni (1974, vinile)


TRACKLIST:

Lato A
01. Lo spazio dell'anima – 2:18 (Giancarlo Granieri)
02. Poeta canta – 4:18 (Lino Tieri)
03. Milena – 3:02 (Maria Luisa Catricalà)
04. Il sogno di Leone – 3:33 (Lino Tieri)
05. Cosa farei – 2:49 (Maria Luisa Catricalà, Carlo Rossi)
06. Il posto vuoto (Maria Luisa Catricalà)

Lato B
07. Il paese delle streghe – 2:45 (Lino Tieri)
08. Vita di Santa – 2:10 (Carlo Rossi)
09. L'albero e l'uomo – 2:42 (Adriano Tomassini, Giancarlo Granieri, Maria Luisa Catricalà)
10. S. Michele Arcangelo – 2:53 (Lino Tieri)
11. Un fiore sulla mondezza – 2:47 (Lino Tieri)
12. L'uomo com'è strano – 4:22 (Bernardino Morichelli, Carlo Rossi, Emanuele Fragione, 
Saverio Pitarresi)


Forse pochi si saranno accorti della scomparsa, avvenuta qualche giorno fa, il 27 aprile scorso, di Maria Luisa Catricalà, in arte Louiselle. La notizia non è però sfuggita al nostro amico e collaboratore Frank-One che ha voluto ricordarla, insieme agli amici della Stratosfera, rippando un vinile del 1974 in suo possesso, intitolato "Ispirazioni". Frank-One vanta una amicizia col figlio di Louiselle, Carlo Brenno Rossi, figlio di quel Carlo Rossi, paroliere e produttore discografico, che sposò la signora Catricalà - di origine calabrese - dopo averla scoperta. La bella e brava Louiselle, tratti distintivi innegabili, iniziò a sfornare i primi singoli agli inizi degli anni '60, ma solo nel 1968 la Parade pubblicò il suo primo 33 giri, intitolato semplicemente "Louiselle". Anche i tre dischi successivi portavano semplicemente il suo nome. Negli anni '70, sulla scia del successo ottenuto dalla canzone d''autore e di una maggiore attenzione verso le parti musicali, Louiselle realizzò le sue opere migliori, anche se non otterranno lo stesso successo commerciale dei primi lavori. Sto parlando di due album, in particolare, "40 minuti d'amore" del 1973 (censurato dalla RAI a causa dei testi ritenuti troppo audaci) e "Ispirazioni" del 1974. E' anche il periodo delle tournée all'estero, Canada, Stati Uniti e Giappone. L'ultimo album, "Spaghetti Country" lo realizzò nel 1992. Seguirono, come spesso succede, numerose compilation dei cosiddetti "grandi successi".


E ora qualche osservazione sull'album e sui suoi contenuti. Partiamo innanzitutto dalla copertina, praticamente uguale, tranne il colore, al 33 giri di Adriano Tomassini e Franco Tallarita, "Ispirazioni e circostanze". Anche i due titoli si assomigliano. Aggiungo che  entrambi gli album vennero pubblicati dalla Erre Records nello stesso anno (1974). Guarda caso vi è anche un brano, "L'albero e l'uomo",  co-firmato da Louiselle e Adriano Tomassini. In copertina i musicisti non vengono indicati, ma è alquanto probabile che vi sia lo zampino di Tomassini. Nella tracklist ho appositamente indicato gli autori delle 12 tracce: 4 sono firmate o co-firmate, anche insieme al marito Carlo Rossi - dalla stessa Louiselle, mentre ben 5 portano la firma di Lino (Leone) Tieri. autore nel 1970 di un gran bel disco intitolato "Un fiore sulla mondezza" (pubblicato sulla Stratosfera qui). Da notare che 4 dei 5 brani composti da Tieri (resta escluso "Poeta canta") erano già apparsi sul suo sopracitato disco solista del 1970. Insomma, le contaminazioni con alcuni interessanti compositori e musicisti non sono poche. 


"Ispirazioni" è veramente un grande disco, ben curato sotto il profilo musicale: belli gli arrangiamenti con chitarre acustiche, tastiere, basso e batteria, senza quelle fastidiose orchestrazioni che sovente sono solo un appesantimento. Degni di nota anche i testi, da ascoltare con attenzione. Grazie Louiselle per averci deliziato con questi bellissimi brani e grazie a te, caro Frank-One, per il tempestivo invio di questo prezioso materiale. A voi tutti auguro buon ascolto.

: s



Post by George - Music by Frank-One

domenica 28 aprile 2024

Daisy Lumini- 1972- Canti popolari toscani (vinyl)

 



TRACKLIST:

1 Cecilia

2 La Pappa

3 Cade L'Uliva

4 Léati Geppo

5 Stornelli Mugellani

6 La Malcontenta

7 Ninna Nanna Culla Culla

8 Maremma

9 Sotto Il Ponte

10 Morettina

11 Il Lamento Della Sposa

12 L' Marito In Galera

13 La Rocca

14 Oh Rondinella

15 Fate La Nanna Coscine Di Pollo

16 (non accreditata) Ninna nanna a 7 e 20 

Di Daisy Lumini, questa straordinaria (e sfortunata) cantante e musicista, abbiamo già parlato in un paio di occasioni, spesso per lavori in comune con Beppe Chierici, suo compagno di vita e di arte per un decennio intenso e frenetico come pochi. Presentammo infatti “La donna del vento”il lavoro dedicato alla riproposizione nella nostra lingua delle canzoni di Anne Sylvestre, e “Il paese dei bambini con la testa” nella nostra serie “Bimbidine”.


Copertina RadioCorriere Tv, n.14, 1968

Nata come cantante leggera, con successi come “Il gabbiano” e "La casa più bella del mondo" presentati negli show televisivi dell’epoca, Daisy Lumini ebbe il coraggio di abbandonare quel mondo fatuo e luccicante per abbracciare, insieme al citato Beppe Chierici, una strada più stretta, ma ben più gratificante, a cominciare dal lavoro nella musica popolare toscana, un lavoro forse meno conosciuto rispetto a quello analogo svolto tra gli anni ’60 e ’70 da interpreti e ricercatrici come Caterina Bueno e Dodi Moscati, ma a mio parere altrettanto importante, anche se si snoda in soli due dischi.


Il primo, che ebbe ampia diffusione all’epoca ed è facilmente rintracciabile oggi in rete, è Daisy come folklore- Daisy Lumini canta la vecchia Toscana”, uscito nel 1969 per la CEDI e poi riedito nel 1972 dai Dischi dello Zodiaco. Il secondo, misconosciuto, è questo "Canzoni popolari toscane" che oggi vi proponiamo, uscito in una lussuosa edizione cartonata nello stesso 1972. Si tratta in realtà di un volume di grande formato contente uno scritto di Carlo Cassola e un libro che ripropone i canti presenti nel vinile.


Il tutto fu commissionato ed edito dalle Acciaierie di Piombino in soli 250 esemplari fuori commercio (il che spiega le alte quotazioni sul mercato collezionistico) da distribuire come strenna natalizia (analoga operazione verrà ripetuta l’anno seguente per il lavoro a firma Lumini-Chierici
“I canti dei trovatori”).

Daisy Lumini e la sua gatta (Archivio Salvatore Sciarrino)

Il disco, anche per la sua particolare natura, uscì presto dai radar, e per anni non se ne seppe nulla, finendo al centro di un piccolo “giallo” che ho avuto modo di approfondire in un lungo articolo dedicato alla cantante fiorentina, apparso nel 2018 sul numero 16 della rivista “Vinile”. 

Cercherò di sintetizzare il tutto: qualche anno fa su Spotify ed altre piattaforme di streaming apparve un suo album intitolato "Maremma" datato con stupefacente precisione 16 luglio 1968 (quindi l'anno prima di “Daisy come folklore”). 

A parte il fatto che tale raccolta presentava una copertina posticcia assai generica, e che erano elencati 12 pezzi invece che 14, a prima vista, per la corrispondenza dei titoli, venne da pensare che si trattasse di una riedizione con altro nome del vecchio materiale già edito nel ‘69. Un ascolto più attento, tuttavia, rivelò diverse sorprese: si trattava in realtà di altre versioni inedite, con un diverso arrangiamento e una differente linea vocale. Ascoltando in sequenza “Lèati Geppo” (trescone) e “Vendemmia”, oltre al titolo cambia tutto: compaiono altri strumenti (il disco del ’69 si reggeva esclusivamente sulla voce e la chitarra di Daisy), l’incedere è più brioso, la durata è minore di quasi un minuto, la registrazione e il missaggio appaiono più avanzati, e lo stesso canto appare più controllato e pulito. Insomma, un lavoro con indirizzo più mainstream, si direbbe oggi. La stessa impressione, ancora più forte, si ha dall’ascolto comparato di “Maremma” e “La malcontenta”.

Da dove erano saltate fuori queste registrazioni? Beppe Chierici, da noi interpellato a proposito, ci escluse che si trattasse di scarti di lavorazione dell’LP, e sulle prime ci suggerì una pista interessante ricordando che in seguito Daisy registrò alcuni canti popolari con Riccardo Marasco (il cui stile, in effetti poco si discosta dalle versioni di questo disco virtuale). Insomma, potevano essere delle registrazioni recuperate, chissà come, chissà perché, da questa collaborazione che poi non andò, almeno discograficamente, in porto. Ad infittire il mistero c’era la copertina di questo fantomatico "Maremma": l’etichetta riportata era la Vedette (madre della sottomarca “I dischi dello Zodiaco”, che era stata da poco in buona parte digitalizzata, per cui tutto sembrerebbe tornare), ma il numero di catalogo (VRMS 357) era assurdo perché risultava già ad appannaggio di un 33 giri di Gian Pieretti, tra l’altro del 1967.

Ma, come avrete certamente intuito, "Maremma" altro non era che l’album oggetto del nostro post. Nel frattempo Spotify ha cambiato cover, inserito un sottotitolo (traditional folk and lullabies from Tuscany), e tolto l’errato riferimento discografico, ma la tracklist di 12 pezzi risulta ancora incompleta, mancando ancora all’appello, chissà perché, “Cecilia”,  “Morettina” e "I' marito in galera"

Daisy Lumini e Beppe Chierici durante lo 
 spettacolo "Contro la guerra e le armi", Roma 1970, Teatro La Ringhiera, foto di Arturo Cucciolla (Archivio Beppe Chierici)


Quella che vi proponiamo è la tracklist completa tratta dal nostro vinile originale che abbiamo rippato (in due files, uno per lato), ricostruita nella sua giusta sequenza. Vi troverete tutta l’arte di Daisy Lumini che si accosta a questo tesoro della canzone popolare toscana con una forte connotazione personale, il che forse le alienò all’epoca le simpatie di certa critica purista che la accusava di “interpretare troppo”. 

Noi che oggi siamo al di là di queste sterili polemiche possiamo invece apprezzare la voce di Daisy Lumini (e nella “Cecilia” in apertura anche il suo celebre fischio, per cui era molto conosciuta al tempo) che ci trasporta in un mondo arcaico, ora dolce ora violento, ora lirico ora sarcastico (ascoltate quelle autentiche invettive che sono “La Malcontenta” e “Il lamento della sposa”).

Le ricerche furono effettuate con la collaborazione di Beppe Chierici mentre gli arrangiamenti, più sobri del solito, sono di Ettore De Carolis che fu per tutti i ’70 collaboratore fisso di questa indimenticabile coppia che con il suo teatro povero portò su centinaia di palchi grandi e piccoli, di enormi metropoli e di infima provincia, le proprie canzoni, moderni cantastorie che attingevano a canzoni popolari come a quelle dei trovatori, a cui aggiungevano le proprie composizioni, un repertorio ancora oggi tutto da (ri)scoprire.

Daisy e Beppe sull'asino in Sila, disegno di Dario Faggella


Per finire, lasciatemi ancora una volta dedicare questo post all’amico Beppe Chierici, come piccolo dono per il suo 87° compleanno, che cade proprio oggi, 28 aprile (coincidenze? Non credo). 

Auguri, vecchio mio!

LINK


Post by Andrea Caponeri "Arrivano gli Sprassolati!"


 

giovedì 25 aprile 2024

Labirinto di Specchi - Hanblecheya (2011)


TRACKLIST:

01. Eclissi pt. 1 - L'occhio e la maschera (8:23)
02. La maschera della visione (5:58)
03. Fantasia (8:58)
04. Nel nulla etereo soggiogato dall'ignoto la mente si espande (7:01)
05. Purpurea (10:00)
06. Follia (19:12)
07. Eclissi pt. 2 - La genesi (9:36)


FORMAZIONE:

Gabriele Marroni - chitarre
Filippo Menconi - basso
Andrea Valerio - piano, synth
Raffaele Crezzini - batteria, percussioni
Diego Armando Samo - tastiere, synth

Collaboratori:
Paolo Carelli - voce, narrazione
Michele Sanchini - violoncello
Matteo Canestri - basso
Lucio Pacchieri - batteria
Giovanni Ferretti - piano, synth


Cari amici, prima di ritornare alla ri-scoperta di qualche album storico, vorrei ancora soffermarmi su un validissimo gruppo di new progressive rock, all'insegna della migliore tradizione, gentile omaggio -anche questa volta - del nostro mitico Osel. Grazie amico mio, per questa ennesima condivisione. Il Labirinto di Specchi, prima di questo disco,  ha alle spalle un solo album, o meglio un demo dal titolo "La maschera della visione", pubblicato nel 2007 (o forse 2008). Dopo alcuni anni di silenzio eccoli ritornare con questo magico "Hanblecheya", pubblicato dalla Lizard Records nel 2011. Alcune tracce del demo, dopo essere state rielaborate, sono finite su questo album, insieme a nuove composizioni. Al momento si tratta dell'ultimo disco della loro scarna produzione discografica. Il gruppo proviene da Siena e dopo la registrazione del demo hanno catturato l'attenzione di Loris Furlan della Lizard che ha pubblicato il vero e proprio debut album, con un suono che la stessa Lizard ha definito "Porcupine Tree incontra Pholas Dactylus". Non so se è proprio così, ma a me l'album è piaciuto molto e sicuramente alcune tracce riportano al suono dei due grandi gruppi sopracitati. Certo, la presenza di Paolo Carelli, qui come voce narrante, già vocalist dei Pholas, non è casuale. 


Una interessante recensione, che condivido in toto, è stata pubblicata su "My Space". Ve la riporto integralmente.
"E’ con estremo piacere che mi trovo a narrare le vicissitudini Progressive di una nuova band italiana, a testimonianza che il genere, malgrado le esili vendite, non cede passo. Infatti il Prog da noi è rivolto ad un pubblico di irriducibili cultori, come se la ricerca dei suoni, i viaggi mentali e le emozioni forti non siano più alla portata di tutti. Probabilmente non è solo un discorso mediatico o di pubblicità, oggi poi con internet si può sopperire a questa cosa, credo piuttosto sia la pigrizia e la voglia di “non pensare” degli individui che sta tristemente dilagando sempre più. Ma il genere stesso, negli anni è comunque quasi sempre rimasto sussurrato, di culto e le band stesse hanno sempre rivolto lo sguardo verso la fonte degli anni ’70, suggendone l’essenza. Tuttavia la bellezza di questa musica è cristallina, tanto che il tempo sembra non avere incidenza.


L’ottima Lizard tira fuori dal cilindro l’ennesima sorpresa, il Labirinto Di Specchi e già dal nome si ha la certezza di avere in mano un prodotto di prog italiano. La bella copertina riesce a descrivere l’inquietudine e la spiritualità dell’album, il quale narra proprio dello spirito degli Indiani d’America in un contesto cosmico. Spazio dunque alla psichedelìa, a tratti supportata anche da un violoncello, quello dell’ospite Michele Sanchini, tanto per rappresentare comunque la mediterraneità del suono. Per entrare maggiormente dentro il discorso anni ’70, il quintetto si avvale della collaborazione di una voce narratrice storica, quella di Paolo Carelli dei Pholas Dactylus., gradito ritorno. Chitarre elettriche spezzano spesso il suono onirico delle tastiere synth, rendendo l’ascolto un volteggiare nell’immaginifico tratto cosmico della mente. I ritmi cambiano, il suono evolve su se stesso, alternando Prog classico a Space Rock, per un risultato appagante nella sostanza. Si rimane piacevolmente colpiti davanti alle fughe strumentali di “La Maschera Della Visione”, brano che farà scorrere i brividi sulla pelle dei nostalgici dei tempi che furono. Spazio a composizioni ipnotiche e fuorvianti come “Fantasia”, dove la psichedelìa si lascia stuprare da una chitarra classica e dal reggae! Crescendo musicale che riempie l’ascolto, grazie anche ad una più che discreta produzione sonora. E’ alquanto sorprendente che giovani band all’esordio siano portatrici del credo sonoro degli anni ’70, più delle band storiche per eccellenza, le quali pur rimanendo in ambito progressive, hanno modificato il proprio stile in base alla realtà di oggi.


Passione per una musica che ha segnato indelebilmente le sorti del rock facendolo uscire dal corpo, sede nella quale generalmente è sempre risieduto. Per questo mi sento di consigliare l’ascolto di “Hanblecheya”, assaporate anche voi l’essenza dello spirito, lasciarsi andare è anche un modo di giustificare l’esistenza della musica, una volta tanto viatico per uscire dallo stress giornaliero di una società che corre sempre di più e che non ha il tempo di soffermarsi per riflettere. Lo spirito indiano aleggia su di noi e nella musica del Labirinto Di Specchi. Interessanti e coraggiosi".
E' tutto. Buon ascolto, cari amici. Ci risentiamo a breve sulle "frequenze della Stratosfera".



Post by George - Music by Osel

mercoledì 24 aprile 2024

The Cinema Show - L'eremita (2015 - CD autoprodotto)


TRACKLIST:

01. Desidero (10:53)
02. Cosa il mondo è disposto a fare (7:31)
03. Il vento degli eventi (1:50)
04. Fioritura (5:31)
05. Autunno (6:04)
06. Esilio (5:20)
07. Liberta (3:57)
08. Sperduti (4:09)
09. Cinematografo (25:12)


FORMAZIONE:

Tommaso Clementi - chitarre, voce
Andrea Gregorini - tastiere, voce
Luca Agutoli - basso
Stefano Della Morte - batteria, voce


Torniamo sui sentieri del new progressive rock (ogni tanto lo facciamo con piacere) parlando di un gruppo probabilmente sconosciuto al largo pubblico. Si tratta dei Cinema Show (un nome evocativo, o sbaglio?) autori di due soli album, entrambi autoprodotti. Il primo, del 2015, si intitola "L'eremita", il secondo, "L'errante", del 2018, segue un filo logico, collocandosi come il prosieguo naturale della prova d'esordio. Prima di procedere con le informazioni sul gruppo e sull'album, voglio subito ringraziare il nostro amico Osel per avermi inviato i file di questo talentuoso gruppo lombardo. Detto ciò ricordo che The Cinema Show hanno iniziato a scrivere il materiale che confluirà nel loro debut album nel 2014. I 9 brani raccolgono e sintetizzano i migliori suoni del rock progressivo anni '70, con fughe nella psichedelia e qualche tocco jazzy. Da sottolineare il grande tecnicismo del quartetto, con belle fughe di tastiere e chitarre. Anche le voci, per una volta tanto, regalano begli impasti corali. Un ottimo articolo su disco e band, con tanto di intervista, è stato pubblicato sul sito "IntornoTirano.it". Ve ne riporta alcune parti.


“L’eremita” è il titolo del primo album inciso dai Cinema Show, band tiranese. Il gruppo, nato nel 2011, è formato da quattro ragazzi classe ’96, che hanno iniziato nella sala musica dell’oratorio di Tirano con cover dei Pink Floyd per poi arrivare, solo quattro anni dopo, a produrre un album tutto loro. Nove le tracce incise per la durata complessiva di più di un’ora di musica. Nonostante “L’eremita” sia il primo lavoro della band inciso in maniera autonoma, il risultato è tutt’altro che amatoriale. A partire dalla copertina molto curata a livello grafico, degno biglietto da visita di un duro lavoro di ricerca musicale e spirituale. Una critica alla società di massa, alle scelte irresponsabili contro il pianeta e insieme un inno all’amore tra le persone, la ricerca della pace interiore e l’equilibrio con il mondo. Un mix intenso di buona musica e parole profonde, nate da una ricerca personale di senso di sé e delle cose". La quintessenza dell'album è raccolta nell'ultima traccia, la lunghissima "Cinematografo", della durata di oltre 25 minuti. Tommaso Clementi ha così commentato il brano: "Cinematografo, l’ultima traccia, richiama il nome del gruppo. Vista la durata, abbiamo deciso di dividerla in sette parti per renderla più agevole. È una serie di pensieri o immagini che si susseguono come avviene in un cinematografo. È la critica ad una società che non trova più un ideale comune e si cade nel buio della notte. Ma alcuni elementi fanno tornare la luce: la Luna, che riflette la luce del Sole cioè dell’ideale. È una visione ottimista: la luce può tornare con i sogno". 


Nonostante l'interessamento da parte della Lizard Records purtroppo anche il secondo (e per il momento ultimo CD), "L'errante", con la presenza di un quinto elemento, il chitarrista Christian Divitini, è stato autoprodotto. Dal 2018 non abbiamo più notizie. Vediamo se riappariranno in un futuro non troppo lontano. Per il momento è tutto. Buon ascolto.



Post by George - Music by Osel

giovedì 18 aprile 2024

Le Antologie della Stratosfera vol. 47 - Retrospettiva - J.E.T. (discografia completa)

 

I J.E.T. (o forse sarebbe più corretto scrivere "j.e.t." con caratteri minuscoli, come appare sulla copertina dell'album) da sempre vengono inserirti in tutti i libri di progressive rock italiano nella sezione "gruppi minori". Certo, rispetto ad altri colossi degli anni '70 con alle spalle una lunga carriera, i J.E.T. sono spariti quasi subito dalla scena musicale dopo solo un album e una manciata di singoli. Ma è giusto considerare "minore" un gruppo solo per la sua limitata produzione discografica? Per quanto mi riguarda la risposta e NO, e quindi oggi vorrei dedicare questo spazio ad uno dei gruppi più pregevoli della scena progressive italiana dei primi anni '70. elevando il loro "Fede, Speranza, Carità" tra i grandi dischi di quel felice decennio artistico e musicale. 
Visto che riporterò la loro intera produzione discografica, ritengo sia il caso di rinfrescarci la memoria ripercorrendo la loro biografia (che non è poi molto corposa). Le informazioni le ho liberamente carpite dal sito/volume "Italian Prog" del nostro amico Augusto Croce e dalla solita, ma utile, Wikipedia.
Vedremo insieme chi erano i J.E.T. prima e dopo i J.E.T. (permettetemi il bisticcio di parole).


LA PREISTORIA: "I FANTASTICI JETS" (1963-1964)
Siamo a Genova nei primi anni Sessanta. L'embrione della futura formazione prog rock si chiama "Jets", o meglio ancora "I fantastici Jets". Come si può dedurre la ricerca del nuovo nome non sarà molto impegnativa. I Jets nascono nel 1963 e sono composti da una schiera di musicisti che nel giro di qualche anno confluiranno in altri gruppi. Il complesso (così si chiamava allora) era formato da  Gianni Belleno, Angelo Sotgiu, Franco Gatti e Gianni Casciano, un improbabile quanto estemporaneo melting pot tra futuri New Trolls, Ricchi e Poveri e J.E.T. Scherzi a parte, i Jets riuscirono ad incidere ben 4 singoli tra il 1963 e il 1964 per l'etichetta ITV di Genova. Per dovizia di particolari vi riporto la stringata discografia:

La fine del mondo / Malacapa (1963) - come "I fantastici Jets"
Eri in panne / Te lo dirò (1963) - come "Jets"
Io ti punirò / La casa del sole (1964) -  come "I fantastici Jets"
La fine del mondo / Perché mi lasci (1964) - come "I fantastici Jets"

Il brano che ottiene maggior successo, si fa per dire, è "La fine del mondo" pubblicato su due 45 giri, nel 1963 e nel 1964. Lo troverete come bonus track tra i singoli. Di seguito le copertine che ritraggono i Jets in quei lontani anni '60. Se volete divertirvi provate ad individuare i sopracitati musicisti. Le copertine dei 4 singoli sono tutte uguali, tranne il colore. 

copertina del 1° singolo (1963)

copertina del 4° singolo (1964)

retro del 4° singolo

DAI NEW JET AI J.E.T. (1970-1973)
 Nel 1967, dopo le defezioni di Belleno (che, come già ricordato, andrà ai New Trolls) e di Sotgiu e Gatti (che andranno ai Ricchi e Poveri), toccherà al superstite Casciano proporre a Renzo "Pucci" Cochis (batteria), Aldo Stellita (basso) e Piero Cassano (tastiere, voce) – questi ultimi due, provenienti dal gruppo "Onde Sonore" – di dar vita ad una nuova formazione, dapprima battezzata New Jet (sino al 1970) poi solo Jet. Nel 1970 Casciano lascia il gruppo, sostituito alla chitarra da Carlo ‘Bimbo’ Marrale, ed è con questa formazione che il quartetto si presenta all'8ª edizione di "Un disco per l'estate" (siamo nel 1971) con il brano "Vivere in te". E' questo il primo singolo in assoluto dei J.E.T., una lenta ballata molto vicina al tipico sound dei dei New Trolls. Detesto i paragoni, ma qui non se ne può fare a meno. Sentite le voci e ve ne farete una ragione. D'altronde a Genova le contaminazioni non erano improbabili. Altrettanto splendido il lato B, "Uomo". 


Oltre alla rassegna canora del "Disco per l'estate", i J.E.T iniziano a portare la loro musica dal vivo nei vari festival e rassegne che costellano la penisola, tra cui il celebre Festival di Musica d'Avanguardia. Mentre il gruppo inizia la lavorazione del primo album, esce il 2° 45 giri, "Non la posso perdonare", anche questo molto bello e originale. Una menzione speciale la merita il lato B, "Donna dove sei", un buon rock con organo e chitarra elettrica lanciati nella stratosfera, che fanno fatica a restare nei tempi dei 3 minuti. Io li avrei lasciati andare avanti almeno per altri 5 minuti. Chissà cosa ne sarebbe scaturito. "Non la posso perdonare" verrà riproposto anche sul singolo successivo (lato B "Il segno della pace"), sempre pubblicato nel 1972.

 

I J.E.T. sono maturi e pronti per entrare in sala di registrazione, Sforneranno quel gioiellino intitolato "Fede, Speranza, Carità". Loro non lo sanno, ma il disco è uno dei capolavori del nascente progressive rock italiano.

j.e.t. - Fede Speranza Carità (LP, 1972)


TRACKLIST:

01. Fede, Speranza, Carità – 10:56
02. Il prete e il peccatore (Fede) – 11:11
03. C'è chi non ha (Speranza) – 6:36
04. Sinfonia per un re (Carità) – 8:00
05. Sfogo – 3:42



FORMAZIONE:

Carlo Marrale – voce, chitarra
Piero Cassano – tastiere
Aldo Stellita – basso, violoncello, vibrafono, marimba
Renzo Cochis – batteria

Altri musicisti (non accreditati)
Antonella Ruggiero, Marva Jan Marrow – cori


Il disco, contenente 5 tracce per una durata totale di poco più di 40 minuti, viene pubblicato dalla Durium nel 1972 sia in versione vinile che musicassetta. Verrà poi ristampato in versione LP e CD in Giappone nel 1988 e nella Corea del Sud nel 1993. Seguiranno altre ristampe: una di queste, risalente al 2019 per opera della AMS Records, contiene 2 bonus tracks, ovvero i singoli "Gloria Gloria" e "Guarda coi tuoi occhi". L'ultima ristampa in vinile colorato, a quanto mi risulta, è quella della AMS del 2022, in tiratura limitata a 400 copie. 


copertina della musicassetta

"Fede, Speranza, Carità" è un album particolarmente raro, a causa della bassa tiratura di stampa e della delicatezza della copertina. E' molto difficile trovare copie in perfetto stato. La copertina apribile ha una finestra ritagliata sul lato anteriore, da cui esce un calice, in cartoncino molto spesso, incollato nella parte interna. Chi lo possiede se lo tenga ben stretto. 
 

Come si legge su Italian Prog "l'album, Fede, Speranza, Carità, deriva da un cambio radicale nel genere musicale dei J.E.T., convertendosi al rock progressivo che stava diventando allora piuttosto popolare, ed è un bellissimo disco, con forti influenze hard rock e voce in falsetto, ma anche con un buon uso dell'organo ed una solida sezione ritmica, come nella lunga Sinfonia per un re che ricorda a tratti le parti a più voci dei New Trolls, e Il prete e il peccatore. Purtroppo questo è stato il loro unico passaggio in campo progressivo e i singoli successivi tornarono ad un genere di rock commerciale non  particolarmente riuscito". Sacre parole, caro Augusto. In effetti i richiami ai loro conterranei New Trolls non sono pochi, come già ricordato. Ma questo non è u difetto, semmai un pregio. Da notare la presenza di Antonella Ruggiero ai cori, anche se non accreditata. 


L'EPILOGO: DAGLI ULTIMI SINGOLI AI MATIA BAZAR
Visto che stiamo parlando della Ruggiero,  ricordo che nel 1974 il gruppo aggiunse ufficialmente alla line-up Antonella, con la sua splendida voce, e un nuovo batterista, Giancarlo Golzi, proveniente  dai Museo Rosenbach. La trasformazione nei Matia Bazar giungerà da lì a breve. Il nuovo gruppo intraprenderà una lunga carriera che, attraverso molti cambi di formazione, è durata fino ai nostri giorni. Prima, però. nel corso del 1973, dopo l'uscita di "Fede, Speranza, Carità", i J.E.T. realizzano altri 3 singoli, di impronta decisamente commerciali, come ricordato da Augusto. Il primo è "Anikana-o" con il quale prendono parte alla 13° edizione del festival di Sanremo, senza però riuscire ad accedere alla serata finale. Segue "Gloria Gloria", un motivetto col quale partecipano alla 10° edizione di "Un Disco per l'Estate", senza grande successo. Meno male che c'è un lato B, dove viene collocata (stranamente) per intero "Sinfonia per un re", uno dei capolavori del 33 giri. Infine, verso la fine del 1973 viene pubblicato, sempre dalla Durium, "Voodood Woman", versione in inglese di "Anikana-o", Sul lato B troviamo "Satan is Waitin'", versione in inglese di "Guarda coi tuoi occhi". 




Nel 1974, la band collabora al singolo d'esordio come solista di Antonella Ruggiero, sotto lo pseudonimo di "Matia", intitolato La strada del perdono, l'anello di congiunzione tra i J.E.T e i Matia Bazar, tanto che il brano viene successivamente inserito nell'album "Gran Bazar" (1977) e nella raccolta antologica "Solo tu" (1979), entrambi a nome del gruppo. Ed è anche il primo (e unico) singolo della band con Paolo Siani – proveniente dai Nuova Idea – che rimpiazza Renzo "Pucci" Cochis alla batteria, Decisamente più interessante è il lato B, con Io, Matia, un brano strumentale caratterizzato dai vocalizzi e dall'armonica a bocca, entrambi di Antonella Ruggiero. Verrà ripubblicato, l'anno dopo, come retro del singolo "Stasera... che sera!" dei Matia Bazar.


Siamo all'epilogo. Nel 1975, tre componenti su quattro dei J.E.T. – cioè Stellita, Marrale e Cassano – fondano ufficialmente con Antonella Ruggiero i Matia Bazar; mentre Siani collabora come turnista al loro primo singolo "Stasera... che sera!". Subito dopo, la prima formazione dei Matia verrà completata dal batterista Giancarlo Golzi. E qui si pare un altro lungo capitolo musicale.


Per completezza d'informazione ricordo che nel 1995 la Durium pubblica un CD antologico contenente i 5 brani del 33 giri più alcuni singoli. Qui sotto la copertina. Infine i J.E.T. figurano con due brani, "Sinfonia per un re" (in versione alternativa) e "Gloria Gloria" nella compilation "This is Italian Progressive Rock - Collection of rare prog tracks", pubblicata nel 20102 in vinile (che troverete qui). 


45 GIRI (1971-1974)

01. Vivere in te - lato A, 1971
02. Uomo - lato B, 1971
03. Non la posso perdonare - lato A, 1972
04. Donna dove sei? - lato B, 1972
05. Il segno della pace - lato B, 1972 (sul lato A "Non la posso perdonare")
06. Anikana-o - lato A, 1973
07. Guarda coi tuoi occhi - lato B, 1973
08. Gloria, Gloria - lato A, 1973
09. Sinfonia per un re - lato B, 1973
10. Voodoo Woman - lato A, 1973
11. Satan is waitin2 - lato B, 1973
12. La strada del perdono - lato A, 1974 (a nome Matia)
13. Io, Matia - lato B, 1974 (a nome Matia)
14. Bonus track: La fine del mondo - lato A, 1963 (a nome "I fantastici Jets"

Matia Bazar - 1975

Finisce qui la retrospettiva dedicata ai J.E.T. con la quale spero di avere reso giustizia elevando il loro lavoro tra le opere "maggiori", inteso come di maggiore interesse e originalità. Vi lascio all'ascolto dell'abbondante materiale messo a vostra disposizione. Alla prossima.

LINK Fede, Speranza, Carità (LP, 1972)
LINK 45 giri (1971-1974)

Post by George